A cura di Anna Pozzatello

Tra le Prealpi e la pianura veneta, dove il Piave disegna un’ampia curva che lambisce il Montello, esiste un luogo golenale chiamato Grave di Ciano, nel Comune di Crocetta: 940 ettari totali di pianura prevalentemente magredile, di prateria steppica, boschi, zona di sassi, ghiaia bianca e acque cristalline. Attualmente, però, su 550 ettari di questo territorio incontaminato incombe un faraonico progetto che prevede la creazione di casse di espansione per la laminazione delle piene del fiume Piave più a valle, nel suo medio e basso corso, dove l’alveo si restringe generando una strettoia.
Un tempo, lungo la linea del Piave si sono svolte numerose battaglie, in particolare durante la Prima Guerra Mondiale, a ricordarcelo il monumento del Pindol, eretto sulle Grave, dedicato ai soldati di Ciano caduti durante la Grande Guerra e a chi, per sbarcare il lunario, cercava di recuperare ordigni inesplosi. Questo territorio, così carico di storia, attualmente si presenta particolarmente selvaggio, non antropizzato, inglobato dalla natura che, nell’ultimo secolo, lo ha rimaneggiato profondamente per restituirlo, oggi, come zona ricchissima di biodiversità vegetale e animale.
Le Grave di Ciano sono un sito di interesse orchidologico tra i primi in Veneto, con la presenza censita di 10 specie di orchidee in lista rossa e risulta anche un corridoio ecologico intensamente “trafficato”, uno degli ultimi rimasti nella nostra Regione, tra Alpi e Pianura per lo spostamento di animali selvatici come lo sciacallo dorato o il lupo, e dove trovano habitat ideale numerose specie di uccelli, mammiferi, anfibi, pipistrelli ed insetti, alcuni rari, altri decretati “vulnerabili” dallo IUCN come la rana lataste o Rana Latastei.
Per questi motivi tale area, tra il 2003 e il 2006, è stata inserita in Rete Natura 2000 come ZPS (Zona a Protezione Speciale ai sensi della direttiva “uccelli”) e ZSC (zona speciale di Conservazione ai sensi della direttiva “Habitat”). Da un luogo teatro di aspre battaglie a zona ricchissima di vita, portatrice di servizi ecosistemici e salute per le popolazioni limitrofe e per chi decide anche solo di visitarla come gita fuori porta.
Spesso le Grave si sono prestate come zona di ricerca in campo botanico e faunistico, molti potrebbero essere anche i progetti da applicare nell’ambito delle Terapie basate sulla natura o delle Prescrizioni verdi (già attivate da Isde nella riserva MAB Unesco del Monte Grappa), se non fosse per questo immane progetto che, come spada di Damocle, incombe su una zona protetta e fragile, con un ecosistema particolare, che non è possibile replicare altrove.
Dallo studio di fattibilità reso noto, le casse di espansione prevederebbero un’escavazione del greto del fiume di 4 metri di profondità per tutta la loro superficie, ossia 550 ettari, ed innalzamento di 13.5 km di argini in cemento rivestiti di terra, a tratti alti anche 8 metri, per un totale presumibile di almeno un decennio di lavori, movimento terra ed escavazione con sollevamento di polveri, passaggio continuo di mezzi pesanti, distruzione di aeree verdi ed ecosistemi fragili. Sostanzialmente una zona naturale verrebbe trasformata in cantiere a cielo aperto per molto, molto tempo.
In realtà, dal Piano di Stralcio, sappiamo che le Grave di Ciano non risultavano il luogo più adatto all’edificazione di tale opera. Su questo tema l’associazione Isde di Treviso, in collaborazione con la facoltà di filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, in particolare con Pietro Daniel Omodeo, professore associato di filosofia della scienza e direttore della Cattedra Unesco, con alcuni dottorandi, con membri del Comitato in difesa delle Grave di Ciano e alcuni suoi sostenitori, ha partecipato alla stesura di un libro: “Acque contese, un glossario per le Grave di Ciano”, curato dagli stessi dottorandi in filosofia, in cui, nella prefazione del professor Omodeo, si evince chiaramente come la possibilità di estrazione di ghiaia dal greto del fiume possa rendere questi lavori colossali una fonte di reddito altrettanto immane e come tutto ciò possa viziare ed offuscare, in definitiva, la neutralità e la lucidità di una scelta così importante.
Certo, la sicurezza idraulica per la popolazione deve essere una priorità, su questo vi è concordo unanime, ma è realistico pensare che, per raggiungerla, si debba sacrificare ancora in maniera così spropositata e radicale un patrimonio naturale protetto da leggi europee, fragile e non sostituibile? Perché non sono state vagliate altre strade o perché non cercarle adesso?
In realtà le istituzioni preposte, dopo essersi negate a qualsiasi confronto con la popolazione contravvenendo al principio di Arthus, il 18 ottobre 2024 hanno nominato l’allora Segretaria Generale dell’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi orientali, Dott.ssa Marina Colaizzi, Commissaria Straordinaria al fine di accelerare la realizzazione delle opere di difesa idraulica del fiume Piave. Da allora la Commissaria è venuta a visitare le Grave, confrontandosi con l’amministrazione locale, ma non si è ancora sbilanciata. Noi intanto rimaniamo in attesa, convinti che questa non sia l’unica via percorribile.