A cura di Umberto De Conto

In un’epoca in cui il ritorno al nucleare viene narrato come inevitabile e moderno, il dott. Giovanni Ghirga, medico e membro di ISDE Italia, ci invita, nella sua lettera aperta pubblicata su un quotidiano nazionale l’8 luglio scorso, a un’analisi più lucida, scientifica e soprattutto urgente. Un appello pacato, non ideologico, a rifiutare una strada che appare sempre meno compatibile con i tempi, i rischi e le reali esigenze della transizione energetica.
Il nucleare — anche quello di “nuova generazione” come gli Small Modular Reactors — si presenta come una promessa fragile: costosissima, lenta da realizzare, vulnerabile e antidemocratica. Proprio così; non è scalabile dal basso, non è gestibile dalle comunità, non si installa su un tetto o in un quartiere. Richiede centralizzazione estrema, controlli rigidi, tecnologie proprietarie e, soprattutto, fiducia cieca in apparati tecnici e politici. Al contrario delle energie rinnovabili, il nucleare non consente partecipazione, non distribuisce potere, non crea reti orizzontali.
Le tecnologie rinnovabili — solare, eolico, accumuli distribuiti, reti intelligenti, idrogeno verde, elettrificazione dei consumi — sono pronte, scalabili, resilienti. E, soprattutto, sono democratiche: accessibili, decentralizzate, partecipabili dalle comunità.
Il nucleare invece è tutt’altro: è rigido, accentrato, dipendente da filiere estere (spesso instabili), ed espone a rischi asimmetrici in un mondo segnato da conflitti ibridi e cyberminacce. Gli impianti non si possono difendere facilmente, né evacuare in caso di incidente, e generano scorie radioattive che nessuno sa realmente dove e come custodire per i prossimi millenni.
Inoltre, la dipendenza da filiere estere (come quella dell’uranio, estratto e lavorato in Paesi geopoliticamente instabili) sostituisce una sudditanza con un’altra. Lo chiamiamo “indipendenza energetica”, ma è una nuova dipendenza opaca, fuori dal controllo democratico.
Intanto, le soluzioni esistono già: energie rinnovabili, accumuli distribuiti, reti intelligenti, elettrificazione, idrogeno verde. Tecnologie concrete, resilienti, che possiamo realizzare subito, e che mettono al centro le persone, i territori, le comunità. Sono queste le basi di una transizione ecologica autentica e democratica.
Il nucleare, conclude Ghirga, è inadatto per tempi, costi, rischi e — soprattutto — per cultura. È figlio di un passato verticistico, non del futuro partecipato che dobbiamo costruire.
Qui puoi leggere la lettera completa: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/08/nucleare-di-nuova-generazione-i-medici-di-isde-antidemocratico-pericoloso-e-dai-tempi-lunghissimi/8052800/

