Polveri sahariane: il fenomeno si sta modificando in relazione alla crisi climatica?

Un articolo pubblicato recentemente su “Epidemiologia e Prevenzione” segnala la correlazione tra l’intensità delle polveri sahariane e i cambiamenti climatici.

Durante il 2024, si è osservato un elevato numero di episodi di inquinamento da polvere sahariana in Europa. L’intensità e la frequenza di questi eventi è aumentata negli ultimi decenni in correlazione a cambiamenti nei modelli di circolazione atmosferica associati alla crisi climatica in corso.

Diversi studi hanno messo in evidenza un aumento delle polveri desertiche in associazione al riscaldamento globale, sia per l’aumento della desertificazione di alcune zone aride, sia per le alterazioni metereologiche che determinano a livello planetario modifiche dello strato di rimescolamento dell’aria, anche conosciuto come planetary boundary layer (PBL). Nel nostro paese le polveri sahariane contribuiscono in modo significativo ai livelli medi annui di PM10 e l’esposizione a queste polveri può essere dannosa per la salute. È stato stimato che l’impatto medio annuo di PM10 da componente desertica in Italia varia tra 1 e 10 µg/m3, con un forte gradiente spaziale (1 µg/m3 nel Nord Italia e 10-15 µg/m3 nel sud Italia).

L’esposizione a polveri sahariane può essere dannosa per la salute. Le particelle possono essere inspirate ed entrare nei polmoni e nel flusso sanguigno, causando attacchi di asma o aggravando altre condizioni respiratorie preesistenti.

Le analisi degli effetti sulla mortalità per causa hanno messo in luce nei giorni “desertici” un incremento percentuale di mortalità (IR%) relativo alla frazione PM2,5-10, nota come frazione coarse (frazione prodotta soprattutto dalle sabbie sahariane), un incremento della mortalità per cause cardiache pari a 9.73 (IC95% 4,25;15,49) contro un IR% di 0,86 (IC95% –2,47;4,31) nei giorni “non desertici”. Stime simili sono state ottenute per la mortalità per cause respiratorie, dove l’IR% dei giorni “desertici” sale fino a 19,43% (IC95% 0,34;42,15) contro l’8,67% (IC95% –4,14;23,19) nei giorni senza avvezione sahariana.

Come nel caso delle ondate di calore conclude l’articolo, i programmi di prevenzione dovrebbero disporre di sistemi di previsione e allerta e di interventi graduati in base al livello di rischio (per esempio, intensità del fenomeno e numero di giorni a rischio) e prevedere l’introduzione di interventi specifici rivolti ai sottogruppi a maggior rischio, tra cui bambini e neonati.

Puoi leggere l’intero articolo a questo link: https://epiprev.it/pubblicazioni/screening-oncologici-partecipazione-disuguaglianze-modelli-gestionali